I BAMBINI NON DOVREBBERO MAI CRESCERE
Esce oggi nelle sale italiane The Butterfly Room, ultimo lavoro del
regista italiano Jonathan Zarantonello celebre per essersi fatto
conoscere al pubblico nel 1996 con un cortometraggio amatoriale "Medley,
brandelli di scuola", successivamene acquistato dalla Troma e
distribuito nelle sale cinematografiche internazionali.
Avendo
assistito nel 2000 alla proiezione di questo acerbo lavoro
cinematografco posso affermare che il buon Jonathan ha fatto molta
strada negli ultimi 13 anni.
The Butterfly
Room è una pellicola che dal punto di vista della regia e della
fotografia segna una grande evoluzione del regista cui va anche
riconosciuto il merito di aver riportato sul grande schermo alcuni
mostri sacri del cinema horror come Barbara Steele, celebre musa di Bava
e Freda, e Heather Langenkamp, protagonista dei primi due capitoli di
Nightmare.
Vincitore di numerosi premi tra
cui lo Youth Award all'International Fantastic Film di Neuchantel e il
premio Nocturno al Trieste Film Festival, The Butterfly Room è una
semplice fiaba noir che ha come fulcro il tema dell'abbandono e della
paura della solitudine affrontata dal punto di vista di una madre. Ispirata ad "Alice dalle 4 alle 5", racconto e cortometraggio dello stesso regista,
la trama racconta le vicende di Ann (Barbara Steele), anziana ed
elegante signora che vive da sola nell'appartamento di un classico
condominio americano. Sin dal principio Ann ci viene mostrata come una
persona spietata, dura ma è in questa sua rigidità che s'insinua la sua
più grande debolezza.
La paura dell'abbandono, già vissuto sulla
pelle della protagonista in passato, le fa assumere comportamenti
assolutamente fuori dal comune, e la sua passione per le farfalle, che
colleziona in maniera meticolosa all'interno di una stanza della sua
abitaizone, finisce col portarla al culmine di una foliia dettata da
invidia e desiderio di rivalsa nei confronti del proprio fllimento di
madre, oltre che di moglie.
Nel mostrare il lento declino di Ann
Zarantonello abbandona la linearità della trama cercando di narrare tre
episodi ben distinti e collocati in defferenti spazi temporali. Sullo
sfpndo troviamo sempre presente il passato di Ann e il trauma dalla
stessa causato alla figlia (il cui ruolo adulto è affidato
alla Langenkamp). La trama segue però il rapporto che la protagonista
instaura con la piccola Julie, la figlia della sua vicina che s'insinua
nella sua vita e nella casa. L'appartamento nasconde un oscuro segreto, e
questo detaglio ci viene mostrato pian piano, sviscerando attraverso
piccoli flashback il malsano rapporto che fortuitamente Ann ha
instaurato pochi giorni prima con un'altra ragazza, la bellissima e
algida Alice. La trama principale avanza per lenti step cui si alternano
gli inquietanti flashback che connotano il passato di Ann e la portano
al culmine della sua follia nel finale. Sotto questo punto di vista la
pellicola regge bene, Zarantonello mostra infatti di saper costruire in
maniera logica l'intreccio di trame e situazioni tra passato, presente e
quell'episodio consumatosi appena prima che ha risvegliato la pazzia
della protagonista.
Nonostante l'impegno a costruire una
sceneggiatura articolata, la pellicola soffre di una certa lentezza che
si nota nella trama e nell'evoluzione della protagonista. Ann ci viene
mostrata sin da subito come una persona turbata, maligna, con una
personalità deviata. Il casuale incontro con una giovane e, a parer
dello scrivente, improbabile ragazzina approfittatrice di anziani è
costruito in maniera troppo casuale. A questo si aggiunge un finale
classico che nella sua scontatezza potrebbe anche andar bene, ma che
viene introdotto attraverso uno stratagemma che appare un po' risibile.
La
recitazione della Steele è sempre impeccabile anche se soffre di
un0eccessiva monotematicità espressiva, robabilmente imputabile alla
particolarità del suo volto e della statuarità dei suoi ruoli passati.
Forse avrebbe giovato di più alla pellicola un ruolo incentrato su un
bipolarismo più marcato. Bene gli altri protagonisti con menzione di
merito per Julia Putnam che sa dare ad Alice il giusto equilibrio tra
innocenza e malignità riuscendo a far mostrare ad Ann in maniera
credibile la sua vera debolezza.
In generale la pellicola
riesce comunque a farsi apprezzare, oltre che per il cast, in cui è
presente anche Cammille Keaton, altra grande attrice protagonista di uno
dei primi rape and revenge movie del cinema (Non violentate Jennifer),
anche per la cura che Zarantonello ha voluto dare a certi dettagli
urbani, che seppur messi sullo sfondo, riescono a comunicare i giusti
stati d'animo. Altro punto a favore è l'ottima colonna sonora, anch'essa
rigorosamente made in Italy e affidata al duo di Maestri Pivio e Aldo
de Scalzi.
Nonostante qualche ingenuità e
un paio d'incertezze The Butterfly Room riesce comunque a connotarsi di
un'identità dove l'inquietudine viene mostrata allo spettatore
attraverso un simbolismo predominante, quello della farfalla, contornato
da scene che nel dare atto della follia della protagonista hanno un
approccio quasi psicanalitico. Un insieme che si sorregge su un risvolto
profondo, il rapporto malsano madre e figlia, indubbiamente
interpretato in maniera ineccepibile dfa tutto il cast e che rende The
Butterfly Room un film diverso dagli altri millemila cloni e ricicloni
di vecchie pellicole, che nella banalità del panorama italiano ed
internazionale merita indubbiamente una visione.
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