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domenica 6 maggio 2012

The Avengers

Finalmente ho un po' di tempo per scrivere la recensione de "I vendicatori", nuovo film dedicato agli eroi Marvel che, riprendendo la trama dal finale di Capitan America, coinvolge la bellezza di quattro mostri sacri dell'editoria fumettistica già portati su pellicola, cercando di dare continuità alle loro vicende.
Erroneamente pompato da alcuni media come il terzo attesissimo capitolo dedicato ad Iron Man, "I Vendicatori" deve essere visto come film a se (al massimo come seguito di Thor), meglio se dopo un ripasso veloce della saga fumettistica.
Già perchè Joss Whedon, nel dirigere la pellicola ha comunque voluto prestar fede alle vicende narrate in cartaceo dando per scontato che qualsiasi spettatore conosca nel dettaglio la storia di certi comprimari (Black Widow e Hawkeye) e abbia visto ed apprezzato la precedente pellicola dedicata a Thor.
Fortunatamente un film di questo genere non può che esser visto da schiere di fan quindi il problema si risolve in fretta, peccato però che condensare in due ore e venti le vicende personali e "lavorative" di un folto manipolo di supereroi comporti comunque qualche problema.
Questa nuova fatica cinematografica soffre talvolta dell'aver voluto mettere un po' troppa carne al fuoco.
Si apprezzano molto i tentativi, ma alla fine è sempre il risultato quello che conta, e allora non si può che sorridere dinanzi le fulminee battute di Tony Stark che, punzecchiando in continuazione il leader del gruppo, Capitan America, finisce solo con l'abbozzare il forte conflitto psicologico e gerarchico che ha sempre caratterizzato il loro rapporto nei fumetti. Manca uno sviluppo effettivo di questo conflitto, sovrastato per lo più da quintalate di esplosioni, botte, sparatorie e scene di azione a cui in certi momenti si sarebbe potuto preferire qualche approfondimento psicologico.
Intendiamoci, The Avengers non soffre certo delle problematiche del terzo capitolo di Spiderman o peggio ancora della conclusione della saga dei mutanti, è solo un po' troppo condensato.
Per il resto si apprezza moltissimo il fatto che in mezzo a tutto il fracvasso causato dai cattivoni di turno si sia comunque riusciti ad incentrare la narrazione attraverso i personaggi e non l'azione vera e propria.
E tra i vari comprimari c'è un personaggio che si delinea poco a poco, ma molto bene: sto parlando di Bruce Banner, finalmente portato sullo schermo da un attore adeguato (Mark Ruffalo), e accompagnato da un alterego digitale graficamente perfetto, che riprende proprio i tratti assegnatigli originariamente da Stan Lee.
E' curioso infatti che un film così denso di trame e sottotrame alla fine riesca a dire molto di più su Hulk rispetto alle due precedenti pellicole, interamente dedicate al colosso verde.
Vera perla di tutto il cast il sempre bravo Tom Hiddleston nuovamente impegnato ad indossare il grottesco costume di Loki.
Passiamo dunque alla trama: Loki scende sulla Terra per impossessarsi del tesseract, il cubo asgardiano usato da Teschio Rosso nel precedente film "Capitan America".
Scopo del semidio è utilizzare l'energia del tesseract per chiamare sulla terra l'esercito dei Chitauri, razza aliena sua alleata, e ridurre così gli umani a suoi sudditi. Nick Fury, direttore dello S.H.I.E.L.D., decide di chiamare all’appello i Vendicatori, una squadra di supereroi che non hanno mai combattuto insieme ma che rappresentano l’unica possibilità di salvare il pianeta dal disastro. 
Da questa sinossi si può capire molto bene come alla fine, in una trama così ridotta all'osso, o si crea un film tutta azione oppure si colma il vuoto con qualche approfondimento.
Credo che Wheldon abbia voluto scegliere una via di mezzo visto che le scene d'azione non sono certo sacrificate, ma non mancano comunque i conflitti familiari tra Thor e Loki, i battibecchi tra Stark, Cap e Thor, i drammi d'amore di Black Widow e Hawkeye e la rabbia interiore (ed esteriore) di Banner/Hulk.
La trama si dipana tra unì'esplosione e una sofferenza in maniera abbastanza schematica ma mai troppo prevedibile, fino ad arrivare al climax finale con il tripudio di eroismo e spettacolarità tipico della saga fumettistica.
Non mancano le ingenuità e le esagerazioni, ma si ha l'impressione che il regista le abbia volutamente inserite per semplificare lo sviluppo del film in un'ottica propriamente fumettistica che tutto sommato non stona nell'insieme.
Altro punto a favore è l'umorismo, a mio parere ottimamente dosato e miscelato, perfettamente in linea con ogni personaggio e momento di trama.
Alla fine credo che Wheldon abbia centrato l'obiettivo confezionando una pellicola d'azione incentrata sui protagonisti nonostante la miriadi di esplosioni fracassosissime che ne fanno da contorno.
Non tutti godono di adeguato spazio, Hawkeye e Pepper ne sono l'esempio più lampante, ma viene comunque fuori un divertissement autentico tributo all'inverosimilità dei fumetti che, se visto in maniera indipendente rispetto alle precedenti pellicole monografiche, funziona.


sabato 24 dicembre 2011

Sherlock Holmes - gioco d'ombre


And so...finalmente anch'io sono andato a vedere il block buster di Natale.

Già perché non volendo vedere Puss in Boots io e mia moglie, reduci dalla delusione de Il Giorno in Più, abbiamo pensato che fosse il caso di dedicarci alla visione di una pellicola un pelino più dinamica.

Due anni fa eravamo rimasti felicemente impressionati dal lavoro che Guy Richie aveva fatto con il primo Sherlock Holmes.

Tu sembrava bilanciato in maniera giusta, costumi, ambientazioni, scenografie, effetti speciali e personaggi.

Certo non ci immaginavamo di rivedere il vecchio Sherlock Holmes col cappello para orecchie e la pipa d'avorio, quindi avevamo accettato con ironia tutti gli stravolgimenti che il regista aveva adottato per delineare lui e il suo fido Watson.

Con Gioco d'Ombre Guy Ritchie ha voluto strafare, è indubbio...ma la scelta non è per forza negativa.

Sostanzialmente la trama ha l'intento di ripercorrere, seppur solo per brevi cenni, uno dei romanzi più importanti dedicati al più famoso detective di Londra.

Il tutto vine infarcito all'interno di un complotto politico bellico che cerca di dar spazio a personagi secondari di cui alla fine non si sarebbe sentita la mancanza.

In sostanza nell'intraccio di trame e sottotrame creato dagli sceneggiatori ci si chiede se davvero c'era bisogno di inserire il personaggio interpretato da Noomi Rapace.

Dicevamo, Ritchie esagera, ma lo fa con la cura di chi può davvero permetterselo.

Se nel primo episodio mi ero stupito per la cura dei costumi, il dettaglio di certe inquadrature, in questa seonda prova ci si stupisce per ben altro.

Il regista ha una cura semimaniacale nel volerci mostrare i passaggi di certi momenti di trama lasciando i dettagli a lunghi ralenty o a inquadrature poste all'interno di ingegnosi macchinari bellici di cui ci viene mostrato passo passo tutto il finzionamento sino ad arrivare all'esplosione che fa da epilogo.

Holmes è ancora più ironico, scorretto, sporco e stupido mentre Watson accentua il suo carattere di macchietta riuscendo però in alcuni punti a "lasciarsi andare" e a ridare umanità al suo personaggio.

Tra le new entry si può apprezzare l'adeguatezza del ruolo assegnato a Jared Harris cui va l'onere non certo facile di portare sullo schermo il prof. Moriarty mentre ci si sganascia dalle risate dinanzi l'eccentricità che Stephen Fry ha saputo dare Mycroft, il fratello di Holmes.

L'unico ruolo che davvero pare essere incollato a caso è quello di Noomi Rapace che interpreta l'ex anatrchica zingara Sim.

Sulla trama rimane qualche dubbio specie perchè non è sempre facile cogliere i passaggi del complotto in mezzo a tutto il baccano che le scene d'azione regalano per l'intero film.

Quel che davvero si apprezza di questo lavoro è la capacità di Ritchie di fregarsene di tutto e di tutti e di giocare letteralmente con i personaggi che ha già snaturato dal primo episodio.

E il suo modo di giocare non passa solo per l'ironia, ma regala dense dosi di spettacolarità con scene al cardiopalma fra inseguimenti sul terno,. attacchi in mezzo ai boschi e demolizioni incontrollate.

Tutto questo fracasso è però sempre condito dal perfetto ruolo di Downey Junior e dai vari comprimari e alla fine in questa esagerazione si finisce con l'apprezzare quel senso di bilanciamento già avvertito nel primo capitolo.

All'altezza del predecessore se non addirittura superiore, Gioco d'Ombre non sarà considerato un papolavoro negli anni a venire, ma sicuramente costituisce un ottimo esempio di come sia possibile rinnovare, dare continuità e suscitare interesse nel pubblico.